08/02/15
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«Niente prove di vita su Marte», ma per colpa di un clamoroso errore della Nasa
di VALENTINA ARCOVIO
Invece di far tesoro delle uniche probabili prove scientifiche della presenza di vita su Marte, la Nasa sembra aver fatto un bel pasticcio costato anni di ricerche e miliardi di dollari. Infatti, potrebbero esser state proprio le tanto invidiate sonde supertecnologiche dell'agenzia spaziale americana ad aver distrutto la possibilità di scoprire la presenza di una qualche forma di vita sul Pianeta Rosso. Un errore, quello degli scienziati americani, che perpetuato dal 1976, quando le due sonde gemelle Viking sono state inviate su Marte per prelevare e analizzare campioni della superficie del pianeta.

Già da allora però era evidente che qualcosa non andava per il verso giusto. La totale assenza di sostanze organiche su Marte, infatti, aveva insospettito non poco gli scienziati americani. In effetti, anche qualora non ci fosse mai stata vita sul Pianeta Rosso, le sonde avrebbero comunque dovuto trovare sostanze organiche, seppur in piccolissima quantità, rilasciate - se non dalla presenza di una qualche forma di vita - almeno dalle comete e dagli asteroidi che hanno colpito il pianeta. Eppure il nulla. 

Una delle spiegazioni che gli scienziati hanno dato a questa mancanza di campioni organici era che le molecole in questione sarebbero potute scomparire naturalmente per via dell'azione di sostanze chimiche altamente reattive, come il perossido di idrogeno.

Ma ora invece c'è un'altra ipotesi in ballo, che potrebbe dimostrare la possibilità che gli scienziati americani abbiano compiuto un errore colossale.

Secondo due scienziati della Nasa, Douglas Ming e Chris McKay, potrebbero esser state proprio le sonde ad aver distrutto i campioni. Non solo le due Viking, ma anche la sonda lanciata lo scorso anno, Phoenix. Secondo la teoria dei due scienziati americani, presentata a Houston in occasione della Lunar and Planetary Science Conference , le sonde avrebbero sbagliato nel metodo di analisi delle sostanze organiche di Marte, denominate perclorati. Queste sostanze sono relativamente stabili a basse temperature, ma quando vengono riscaldate a centinaia di gradi Celsius tendono a rilasciare un'elevata quantità di ossigeno che può provocare una combustione. 

Ed ecco dove potrebbe esserci stato l'errore: le sonde della Nasa sono state programmate per analizzare i campioni utilizzando altissime temperature. Il metodo consiste nel riscaldare le sostanze fino a portarle all'evaporazione per poi analizzarle sotto forma di gas. Ma questo metodo potrebbe aver invece compromesso anni e anni di duro lavoro. 

In poche parole, le sonde potrebbero aver accidentalmente bruciato le uniche possibili prove di vita su Marte. Per arrivare a queste conclusioni Ming ha osservato, effettuando una serie di esprimenti sulla Terra, la reazione del perclorato ad alte temperature e ha notato che la sua combustione può distruggere le sostanze organiche.

Quindi, se finora non si è potuto dimostrare la presenza di vita su Marte, non è perché non c'è mai stata. La spiegazione sarebbe più semplice, ma anche più dura da digerire: "non abbiamo cercato nel modo giusto", hanno concluso gli scienziati.

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